Il Blog del Fiume Volturno

Blog dedicato a chi desidera contribuire alla salvaguardia ambientale del più grande fiume del Sud Italia

domenica 23 novembre 2008

I predoni del Volturno, ecco l'impronta

Oggi torno sul fiume Volturno, così come sarei tornato a casa di un amico: per fargli visita, ma anche per rendergli un po’ di quella giustizia che troppo spesso gli viene negata. Se la merita tutta questo fiume. Le canne da pesca restano a casa, oggi non mangerò pesce. Mi fanno invece compagnia: il taccuino, la macchina fotografica, un termometro, un metro da muratore. Strumenti che userò per misurare quanto è straordinariamente grande l’umana stupidità. Per tentare di raccontare ad ognuno di voi quanto l’uomo sa essere insensato nei confronti della natura: un predone dalla memoria corta.

Eccomi a Ruviano, in provincia di Caserta, nella media valle del fiume Volturno, lungo la strada provinciale Ruviano – San Domenico.




La imbocco e mi lascio alle spalle “la dormiente del Sannio”, così è chiamato il complesso dei Monti Taburno e Camposauro.


Sulla mia destra si affaccia il Massiccio carbonatico del Matese.



Tra pascoli, vigne, oliveti e coltivi, che degradano dalle basse pendici del Monte Maggiore, inizio ad intravedere il filare di salici, ontani e pioppi che segna nel fondovalle la presenza dell’amico di sempre, il Volturno. Qui scorre, a tratti stretto ed incassato ed a tratti ampio, tra il Matese ed il Monte Maggiore, tra raschi e buche, tra piccoli salti e rapide. Un paesaggio romantico, costellato di frammenti di tufo di origine vulcanica e di ghiareti carbonatici.


Poco dopo il bivio Piedimonte Matese – Alvignano, proseguo in direzione Piedimonte, e torno sul posto da me scoperto il 18 agosto del 2006, scendendo in acqua dalla riva destra del fiume Volturno. In quel pomeriggio di pesca di oltre due anni fa, mi ritrovai di fronte un grande lavoriero abusivo, che sbarrava il corso del fiume. Il lavoriero aveva ancora le reti tese tra un palo e l’altro. Si poneva come una grande “V” incastonata tra le rive destra e sinistra, posto lì con la chiara intenzione di catturare il pesce con l’uso di esche non consentite, o per raccoglierlo nella rete a sacco posta a valle mediante stordimento. Il vertice della "V" era rivolto verso valle.
Immediatamente segnalai l’abuso al Corpo Forestale dello Stato, con una telefonata al 1515. Una pattuglia si recò sul posto prima del tramonto a constatare l’attendibilità della mia segnalazione. Il lavoriero, come ogni sistema di pesca che sbarra il fiume, in questa zona è doppiamente illegale. E’ fuorilegge già solo costruirlo, perché ancor prima di integrare il reato di bracconaggio, vìola numerose norme di polizia idraulica. Sbarrare un fiume può essere pericoloso. Perché si altera il naturale corrivamento delle acque, e il conseguente lavoro di trasporto dei sedimenti e del materiale a valle. Si finisce, in pratica, per costruire una sorta di piccola diga, illegale e pericolosa, perché ingestibile durante le piene.

Eccomi arrivato. Purtroppo si comincia male: rifiuti abbandonati davanti al sentierino di accesso al fiume.


E pensare che qualcuno aveva anche apposto un bel cartello di divieto di discarica! Tempo perso.




Strano a dirsi, ma il lavoriero dopo due anni, tre mesi e 5 giorni dalla mia segnalazione alla Forestale è ancora lì. Nessuno lo ha rimosso. Il fiume, con le sue onde di piena ne ha semidistrutto le reti. Ma i pali ci sono, tutti o quasi.



Eppure questo posto è molto bello. Il lavoriero appare abbandonato, i bracconieri, sentita puzza di bruciato, non sono tornati. O forse hanno fatto tanto di quel danno da non trovare più conveniente rischiare tanto per così poco. Ecco come si sviluppa.



Ho preso anche le misure. La paleria, in legno di castagno, è alta mediamente 50 centimetri, dal fondo del fiume, che qui è molto basso ed ha una corrente molto veloce: tecnicamente un tratto di fiume così si chiama “raschio”: perché l’acqua raschia veloce il fondale basso e ghiaioso.

Lungo il raschio i due rami della grande "V" si sviluppano per 30 metri lungo la riva sinistra, e per non meno di 25 metri lungo la riva destra, dalla quale sono sceso in acqua, indossando stivali cosciali. Il tutto per non meno di 55 metri di rete da circuizione, sacco escluso.



La foto sopra è scattata verso monte con i piedi dentro il “finale” del lavoriero, ovvero il vertice della V, rivolto verso valle, che consente in questo caso l’utilizzo di una rete a sacco del diametro di 4 metri. Questi dati li riporto perché si possa avere un’idea della redditività dell’ordigno, nel quale sicuramente si sono svolte delle vere e proprie mattanze illegali di pesce pregiato: trote, barbi, cavedani. La maglia della rete ha un lato di poco superiore ai 2 centimetri, pesca grossa è evidente. L'acqua è limpida.



Qui oggi, tra le ore 13 e le 14 si registra una temperatura dell’aria di 9 °C, mentre l’acqua è un po’ più calda: 11 gradi Celsius.

Domanda: perché questo lavoriero è ancora qui, nonostante sia stato segnalato più di due anni fa? Conflitti di competenza tra gli enti, lentezze burocratiche o mancanza di fondi le possibili risposte, al solito. La cosa è ancora più grave, se si considera che qui mi trovo tra due parchi regionali, Matese e Monte Maggiore – Monte Monaco, mentre la media valle del fiume Volturno è già stata riconosciuta come Sito di Interesse Comunitario, e sta per diventare anch’essa parco regionale.




In queste acque, con queste temperature, normalmente si trovano cavedani e barbi nelle zone a corrente veloce e medio veloce. Le buche riservano sorprese, quanto alla presenza di carpe di grosse dimensioni. Ma in tratti come questo - con un’acqua di qualità in Classe II, stando alle metodiche di analisi del CNR – potrebbero riprodursi anche le trote. I predoni del fiume che avevano costruito questo ordigno illegale non erano degli incompetenti.
Tocca ora alle "autorità competenti" fare piazza pulita al più presto di questo scempio. Anche perchè potrebbe essere nuovamente usato per predare il fiume.

6 Commenti:

Alle 24 novembre 2008 alle ore 08:42 , Blogger Paoletta ha detto...

Fratellone, mi fa male il cuore a vedere così conciato il fiume Volturno!

 
Alle 24 novembre 2008 alle ore 21:46 , Blogger Snowman ha detto...

Eh che tristezza.. Speriamo tutto ciò prima o poi gli si ritorca contro.. Bello comunque il tuo blog Mimmo! Siete la famiglia report! ^___^

 
Alle 25 novembre 2008 alle ore 18:20 , Blogger Mimmo Pelagalli ha detto...

Grazie Snowman, io spero solo che il fiume se la cavi lo stesso. E' forte, io lo conosco bene, riserva sempre sorprese in positivo, certo...ma fargli male così è da idioti.

 
Alle 26 novembre 2008 alle ore 12:42 , Blogger Luigi Petrella ha detto...

Partenza con i botti, caro Mimmo, per il tuo nuovo blog. Bellissima l'inchiesta vecchio stile sul tratto ruvianese del Volturno. Come non se fanno più, direbbero i nostri lamentosi colleghi. E che foto straordinarie (compreso il tuo ritratto da dandy venatorio...)L

 
Alle 27 novembre 2008 alle ore 09:03 , Blogger Mimmo Pelagalli ha detto...

Caro Luigi,
Ti ringrazio per il caloroso apprezzamento. Messo nero su bianco da te è per me di non poco conforto.
Sui fiumi e sull'ambiente si fanno sempre più spesso o molte chiacchiere o molta statistica. Entrambe le cose iniziano ad annoiare. Il giornalismo del "copia & incolla" può andar bene fin quando dobbiamo documentare quanto altri soggetti dicono, e neppure sempre.
Guardare negli occhi la cruda realtà, in certi casi, è pura necessità cronachistica. Che poi ne venga fuori anche una bella inchiesta, tanto di guadagnato.

 
Alle 28 gennaio 2022 alle ore 06:10 , Anonymous Anonimo ha detto...

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