Il Blog del Fiume Volturno

Blog dedicato a chi desidera contribuire alla salvaguardia ambientale del più grande fiume del Sud Italia

sabato 21 novembre 2009

Capua - Il pasticciaccio brutto del canone di depurazione delle acque reflue

Molti cittadini di Capua non stanno pagando il canone per le acque reflue alla concessionaria del servizio pubblico di acquedotto della città “Ing. Antonio Fiore & C.” A lagnarsene è la stessa azienda, che da mesi si è attivata per tentare di recuperare comunque il canone.
I cittadini capuani che non pagano il canone fondano le proprie ragioni sulla sentenza della Corte Costituzionale 335 del 10 ottobre 2008, che ha stabilito la natura meramente tariffaria del canone di depurazione delle acque reflue, dichiarando incostituzionale quanto previsto dall’articolo 175, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006, (Norme in materia ambientale): la norma cassata prevedeva il pagamento del canone anche se il servizio di depurazione fosse stato mancante o temporaneamente non funzionante.
Pertanto la tariffa di depurazione, secondo la Suprema Corte, va corrisposta dal cittadino solo se il servizio di depurazione funzioni realmente.

Più di recente il Parlamento, con l’articolo 8-sexies della legge 13 del 27 febbraio 2009, di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, numero 208, recante “misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente” è riuscito a far rientrare dalla finestra quanto la Corte Costituzionale aveva messo fuori dalla porta.
Infatti, se la sentenza 335/2008 imponeva lo stop a nuovi pagamenti ed implicitamente la restituzione agli utenti non serviti dal depuratore della quota indebitamente pagata, l’articolo 8-sexies prevede invece che la tariffa di depurazione sia dovuta anche “nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall'avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione”.

In attuazione della sentenza della Corte Costituzionale la nuova norma ha previsto che i gestori possono provvedere ai rimborsi “anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1° ottobre 2009”.

Qualora però il gestore si adoperi nel frattempo per attivare il servizio di depurazione, “dall'importo da restituire vanno dedotti gli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento avviate”.
In sintesi: chi paga difficilmente riuscirà a rivedere i propri soldi, chi non paga potrebbe tentare di dimostrare che la nuova disposizione è anticostituzionale quanto quelle precedentemente cassate dalla Corte Costituzionale.
Il caso di Capua è paradigmatico della realtà Italiana: molte fogne sfociano ancora direttamente a fiume, ecco quella proveniente da Largo Eboli.

Il risultato è evidente: la nuova leggina, imposta per decreto dal governo Berlusconi, da la possibilità ai soggetti gestori del servizio idrico integrato di incassare il canone di depurazione anche solo in presenza dei progetti di allaccio al depuratore.
Questi tubi monchi lasciati a marcire alle intemperie sono parte di un'opera sicuramente progettata, ma della quale non si sa neppure quando ricominceranno i lavori: si tratta del completamento dell’impianto di sollevamento di Largo Eboli, necessario per mandare l’acqua della fogna del centro storico di Capua verso il depuratore di Marcianise.

Naturalmente in centro città vi sono ancora fogne che sversano nel povero Volturno, ecco quella posta sotto via Conte Landone, a pochi passi dall’Ufficio dell’Acquedotto.


L'acqua di alcune fogne però è stata convogliate effettivamente verso il depuratore: questa chiavica è quella di Porta Roma lato Appia, risulta chiaramente asciutta.

Questa altra chiavica si trova a Via Giardini: è in asciutta da pochi mesi, fino alla scorsa estate da qui i reflui finivano nel Volturno.


In questa foto sotto, la tubazione di diametro più grande è il condotto fognario che sposta le acque reflue dalla periferia Nord di Capua verso il collettore che recapita nell'impianto di Marcianise.

Peccato che proprio alla fine di via Giardini vi sia questa imponente chiavica che scarica ancora nel Volturno, segno che solo parte del lavoro è stato realizzato.





A Capua, a rigore della sentenza della Corte Costituzionale, vi sono cittadini che dovrebbero pagare il canone di depurazione, ed altri che non dovrebbero pagarlo. Ma la leggina ha addossato a tutti l'onere di versarlo.

In tempi di privatizzazione delle gestioni dei servizi idrici, è bello sfogliare il carteggio tra la ditta Fiore e la Hydrogest Campania Spa, che gestisce il depuratore di Marcianise.

Il buon ingegner Antonio Fiore in data 9 settembre 2009 chiede alla Hydrogest “il rilascio di un’attestazione formale e solenne dalla quale risulti se la rete fognaria di Capua è collegata o meno ad un impianto di depurazione, a quale, da quale data e se l’impianto è regolarmente funzionante”.


Il 21 settembre 2009 risponde a mezzo fax l’ingegnere Gaetano de Bari, amministratore delegato della Hydrogest:” Vi comunichiamo che le fognature del comune di Capua fanno capo al comprensorio di Marcianise. Per la depurazione dei liquami si avvalgono dell’impianto di depurazione di Marcianise, realizzato negli anni ’80 dalla Cassa per il Mezzogiorno. L’impianto succitato è funzionante dalla metà degli anni ’80 e non ha mai subito interruzioni di funzionamento”.


Nelle due lettere i responsabili del servizio idrico, Fiore, titolare del solo dispacciamento dell’acqua potabile, il quale incassa anche i canoni di depurazione che deve poi stornare, ed il de Bari della Hydrogest, che verosimilmente li incasserà, non fanno cenno all’articolo 8- sexies della legge 13 del 27 febbraio 2009. Apparentemente tale atteggiamento è inspiegabile: sanno bene che la norma è in vigore da mesi, ma ovviamente preferiscono fare finta che tutta la rete fognaria della città di Capua sia allacciata regolarmente al depuratore. Per evitare di spiegare ai cittadini che chi dovesse pagare il canone di depurazione rimarrebbe incastrato nei cavilli della nuova legge: tanto, per le zone non ancora servite c’è già bello e pronto il progetto di allaccio al depuratore.
Sullo sfondo di questa vicenda restano le autorità che dovrebbero vigilare e che invece latitano: il Comune di Capua, titolare del servizio di fognatura e l’Autorità d’Ambito del servizio idrico integrato di Caserta, appena nata e che dovrà espletare la gara per il servizio idrico integrato, la Regione Campania, titolare dei poteri che furono della ex Cassa per il Mezzogiorno per il disinquinamento del Golfo di Napoli e che ha affidato con project financing la gestione dei depuratori dell'asta valliva dei Regi Lagni alla Hydrogest.

mercoledì 17 giugno 2009

Stiamo Lavorando Per Voi...

Il blog è fermo da qualche tempo, ma non l'attività di documentazione che c'è dietro. Presto riprenderò ad aggiornarlo con cadenza settimanale.
Un saluto a tutti i miei lettori!
Mimmo Pelagalli

domenica 22 marzo 2009

Giornata Mondiale dell'Acqua: fiume Peccia sfigurato sin dalle sorgenti

Oggi è la Giornata Mondiale dell'Acqua, e la dedico ad un fiume minore, non certo per importanza: il Peccia. L'acqua è sempre importante, anche quella del più piccolo fiume o della minuscola pozza, grazie alla quale sono germogliate queste primule.


Fiume Peccia è figlio di una geografia complessa. Fa parte forzosamente del bacino idrografico del Volturno, pur non essendone un affluente, è infatti affluente del Garigliano. Vi starete chiedendo come mai. E allora vi racconto una storia curiosa.

Nell'epoca del Pleistocene il Volturno era un affluente del Liri - Garigliagno, piegava verso ovest una volta uscito dall' alta valle, a Venafro. Madre Natura durante quell'epoca, più o meno 630mila anni fa, pensò bene di regalare all'alto casertano il vulcano di Roccamonfina: questi deviò, con la forza delle sue lave e dei suoi tufi, il Volturno verso sud - est, tra i monti del Matese e i monti Monaco di Pietravairano e Maggiore: nacque la Valle Alifana. E il Volturno poté incontrare le acque del Sabato - Calore.
I due bacini idrografici furono così separati da Madre Natura.

Negli anni '40 del secolo XX Homo Sapiens (Sapiens?) costruì la diga di Capriati al Volturno, che ancora oggi devia 20 metri cubi d'acqua al secondo in una condotta forzata. L'acqua del Volturno viene lanciata verso il Garigliano. Attualmente l'Enel sfrutta il salto idroelettrico di questa grande massa d'acqua in ben cinque centrali di generazione. Volturno e Liri - Garigliano sono di nuovo uniti nello stesso bacino idrografico, l'Uomo ha riunito ciò che Madre Natura aveva diviso. Una forzatura, forse, ma la storia è fatta così.

Il Garigliano oggi riceve il fiume Peccia, più o meno dove presumibilmente, in un evo molto antico, riceveva le acque del Volturno.

Purtroppo durante l'escursione di oggi il Peccia, qui ripreso nel suo tratto iniziale, a valle di uno dei capi sorgentizi della Campania, si presentava piuttosto malconcio.


La fotografia è stata scattata all'altezza del Mulino d'Arpino, alla fine del sentiero F1 che percorre parte dell'abitato e del territorio del comune di Galluccio, in pieno Parco Regionale di Roccamonfina e Foce Garigliano. Le acque del rivo appaiono segnate da una coloritura tipica dei saponi e dei detersivi. Scarichi abusivi? Saranno più a monte di sicuro.

Anche questa seconda foto non lascia molti dubbi: le piogge sono cessate, le nevi sono ormai sciolte, ma l'acqua ha una brutta patina.

Eppure, proprio sulla riva destra del Peccia, che qui rende il suolo torboso, e sotto dei superbi ontani neri, si rinviene questa orchidea in fase di fioritura, nonostante la primavera tardiva.



Poco dopo si incontra un secondo capo sorgentizio: l'acqua, qui non fotografata, si presenta limpida. Purtroppo le brutte sorprese non sono finite. Perché accanirsi contro questo piccolo fiume? Questi rifiuti sono tra una strada sterrata e la riva del fiume.

Non potevano poi mancare anche gli scarti dell'officina di un carrozziere: paraurti a go-go. Ma l'acqua è un po' meno torbida, ha appena ricevuto il rivo limpido.


Ecco infine le acque del fiume Peccia, ingrossate da un secondo affluente e rese di nuovo color sapone, fotografate dal ponte della Strada Provinciale per Galluccio.


Come si spiega tutto questo? Poco a monte di questo tratto del fiume Peccia - lungo la Provinciale - vi è uno dei depuratori comunali: è in funzione, ed è di taglia abbastanza grossa.


Evidentemente, tutta questa acqua depurata, posto che il depuratore sia omologato alle severe norme attualmente in vigore nell' Unione Europea, è troppa per essere immessa in un corpo idrico recettore così piccolo. L'effetto sapone che si ottiene nel fiume più a valle è - del resto -del tutto evidente.

Peccato: il borgo di Galluccio, con la bella Collegiata di Santo Stefano, sono bei posti davvero.


Torno verso località Mieli, dove ho lasciato l'automobile per la scarpinata, con un pensiero: è possibile trattare ancora un fiume così nel XXI secolo? E in pieno Parco Regionale? Vedrò mai il giorno in cui i fiumi e gli alvei saranno rispettati come cosa sacra? Costerebbe poi tanto rimuovere quei rifiuti, allacciare gli scarichi abusivi al depuratore e trovare un sistema di allontanamento dell'acqua (depurata?) più efficace e meno violento per il piccolo fiume Peccia?

Se mai fossero possibili sarebbero forse piccole cose, e grandi segni di civiltà al contempo.

sabato 28 febbraio 2009

Lavori sul fiume: quando l'uomo sbaglia

Vorrei pescare, o magari fare solo due passi tra gli alberi e l'acqua dell'amico fiume. Ma il Volturno, spesso e volentieri, mi "tira per la giacca". Oggi ho smesso di pescare presto, non ho beccato nulla, e ho documentato un attacco all'integrità del Volturno. Travestito da lavori di rimodellamento delle sponde. Puo' mai l'uomo rimodellarre una sponda? La risposta è si, naturalmente, ma a condizione di saper imitare il lavoro del fiume, o di saperlo assecondare. Diversamente, si rischia di sfiorare il ridicolo (o la tragedia), a seconda dell'entità del lavoro fatto e degli eventi che ne seguono.

Ecco come lavora il mio amico fiume, se lasciato libero di scodinzolare durante le sue copiose piene. Le foto sono state tutte scattate oggi, in località Mastrati, comune di Pratella, provincia di Caserta, in riva idrografica sinistra del fiume Volturno.



Nella foto sopra appare la vegetazione di questo territorio golenale: è chiaramente "pettinata" dalla furia delle acque, giunte sin qui durante le ultime piene. In questa zona si rinvengono copiosi depositi di limo e di argilla, i materiali più leggeri, quelli che la piena tende a spingere più lontano dal "vivo" della corrente. Camminando dalla golena verso il fiume, ecco l'argine naturale, costruito negli anni dal lavoro del fiume.




Nella foto sopra è visibile un deposito di ghiaia, impastato con sabbia e limo. Questo materiale è vivo, fertile, e da la possibilità alla vegetazione riparia di rendere l'argine forte ed allo stesso tempo flessibile. Un lavoro certosino, costruito piena dopo piena. L'impasto è reso possibile dal calibro dei ciottoli, che non sono eccessivamente grandi. Oltre l'argine, c'è un letto di riserva costruito dal fiume, fatto dall'uomo si chiamerebbe cassa di espansione.




Questa fotografia sopra va guardata con attenzione. Qui il fiume scorre solo quando è in piena. A sinistra di chi guarda c'è l'argine, in mezzo un letto di ghiaia a grana grossa, che solo una forte corrente può spostare, infine a destra c'è la sponda, contrassegnata da una vegetazione mediamente più piccola di stazza. Sono salici da ceste per lo più. La vegetazione più importante imbriglia con le radici l'argine, quella minore la sponda, che deve essere più flessibile dell'argine, quando arriva la piena. E finalmente, oltre la sponda degradante, scolpita mirabilmente dallo scalpello delle acque, ecco il fiume.



E' un lavoro perfetto. Man mano che ci si avvicina all'acqua, i ciottoli si fanno via via più sottili. Si vede anche la sponda opposta. Alta, coperta da vegetazione, in perfetta tenuta. Se l'uomo vuole, può tentatre di imitare questo lavoro, magari non sarà così perfetto, ma siamo pur sempre esseri umani e non divini. Di sicuro sarà un lavoraccio: ci vogliono squadre di operai armate di badili, un direttore dei lavori, e un buon consulente botanico, che sceglie le essenze giuste da piazzare qui e lì. Inoltre, un tale cantiere, dovrebbe durare necessariamente mesi. Per controllare il regolare attecchimento delle essenze arboree ed erbacee.

Ma quando l'uomo inizia a lavorare così come mi appresto ad illustrare, francamente, dimostra di non aver capito nulla del fiume, o di aver capito solo cose che nulla hanno a che vedere con la Natura.

Ecco l'uomo al lavoro sul Volturno, a Mastrati, oggi, un po' più a valle dello spettacolo sublime ripreso nelle immagini sopra.



In questa foto io sono appostato dietro un albero, in riva destra, e si vede sulla sponda della riva sinistra una ruspa che lancia la sua pala nell'acqua per prelevare ghiaia. Mentre ero nel mio piccolo angolo di paradiso, il rumore di questa macchina ha attirato la mia attenzione.




In questa seconda foto, è ancora più evidente il tutto: la ruspa, presa la ghiaia dal fondo del fiume, la ripone sulla sponda. Il letto viene scavato e la sponda rialzata. Mi chiedo: ha un senso tutto questo? La foto sotto mi dice che non ha senso e per molti motivi.




La sponda è stata rialzata, con la ghiaia ripresa dal fondo, quella a grana più grossa, sono ciottoli molto grandi, compongono una tessitura che non consentirà con facilità il riattecchimento del boschetto di sponda, che intanto c'era ed è stato distrutto. Di più: andiamo incontro alla buona stagione, il livello del fiume scenderà e quindi i primi salici da ceste sono destinati a germogliare su un sottosponda che ora è ancora sommerso. Con la prossima piena, che potrebbe tranquillamente arrivare entro la primavera, quei ciottoli grossi e così concionati a mo' di sponda, franeranno verso il centro del letto del fiume. Dietro, a timida difesa della strada di campagna, resta l'argine naturale. Perchè so già che franerà tutto? Semplice, lì in mezzo c'era un'isola, che ora è stata completamente divelta. Il fiume qui, per effetto di diverse e divergenti linee di livello dell'alveo, tende naturalmente a dividersi in due rami, per poi ricongiungersi poco a valle. Ora però la mano dell'uomo ha rimodellato la sponda abolendo un'isola, e senza dare respiro alle acque costruendo una cassa di espansione come si dice in gergo, tra sponda e argine. Peccato che il committente di questa opera (pubblica?) sia a me ignoto, come resta ignoto l'esecutore dei lavori. Manca una tabella che renda ragione di questi dati elementari. Mi piacerebbe tanto dire al committente che è un'opera mal fatta ed inutile, e che tanto il fiume presto riprenderà se stesso ed in maniera rovinosa. Intanto i lavori hanno provocato un danno alla fauna ittica: lì sotto potevano esserci dei letti nuziali di trote, ormai la "frittata di uova di fiume" è fatta. Sono state distutte piante utili per la vita della sponda, e molti uccelli sono stati cacciati dai loro nidi. Qui è pieno di acquatici.


La foto sopra ha una sorta di didascalia incorporata. A sinistra si vede l'opera della ruspa, che ha creato un ghiareto artificiale, del tutto inutile, male assortito, e destinato a rovinare in acqua. A destra si intravede ciò che resta di una sponda alta, ricca di vegetazione e destinata a durare.




Ultima chicca nella foto sopra: il lavoro fatto nei giorni scorsi sta già franando, il teleobbiettivo non mente. Nei mesi scorsi qui il fiume è straripato, ovvio. Forse qualche lavoretto andava fatto. Ma così proprio no.

Domenica scorsa il fiume mi ha regalato una bella trota per cena. Oggi l'amico Volturno chiede un favore in cambio: chissà perchè stamattina non abboccavano...tutti quegli ami impigliati nei rami, poi uno stivale bucato, l'acqua gelida tra piede e coscia destra. Segni: il fiume mi ha richiamato alle armi del cronista, e mi ha costretto ad usare i panni del pescatore solo come travestimento, per non dare nell'occhio e documentare questo scempio. Uno dei tanti che deturpano il fiume e ne alterano la normale funzionalità, uno in più, uno di troppo.

domenica 22 febbraio 2009

Volturno: apertura della pesca alla trota. Presa! E preso!

Oggi sveglia alle cinque del mattino. Suona, ma sono già con gli occhi aperti. Il tempo di un caffè, una tazza di latte da un quarto di litro, una fetta di pane con sopra un copioso cucchiaino di marmellata e sono già in tenuta da pesca. Fino a qualche giorno fa, penso tra me e me, ero indeciso. Ora invece vado. Chissà quanto freddo troverò tra Campania e Molise - mi chiedo.

La memoria scivola alla mattina del 18 febbraio, quando la neve era scesa fin sul Tifata, i 605 metri di colle dietro casa mia, vedetta di pianura verso il monte: eccolo nella foto sotto.



Ha un senso tentare la pesca alla trota con una tecnica da primavera inoltrata con tutto questo freddo? La risposta può darla solo l'amico di sempre, il fiume Volturno.

Prima delle 7 del mattino sono già a Pietravairano, in media valle, provo a pulire il parabrezza dell'automobile, ma l'acqua dello spruzzatore gela sul vetro. Mi vedo costretto ad accendere il riscaldamento del veicolo: sarà solo la prima seccatura di una giornata che si annuncia indimenticabile. Di aperture con la nebbia, con la pioggia e col freddo, ne ho viste, ma con il gelo non mi era mai capitata. Mancava!
L'arrivo a Capriati al Volturno, in riva sinistra del fiume, è salutato dalla neve: si affaccia copiosa dai monti del Molise, poco sopra quei versanti si trovano le sorgenti del Volturno.


Sono le 7:20, inizia la mia prima battuta di pesca del 2009. Mi addentro nella vegetazione riparia, tra ontani neri, salici neri, pioppi bianchi, salici da vimini. Percorro un sentiero che conosco. Il sole è ormai sorto, mi volto ad oriente.

Ma non riesce ancora a scaldarmi: a terra, nelle pozzanghere, croste di ghiaccio si spaccano sotto le suole dei miei stivali. Le mani iniziano ad arrossarsi. Ecco il Volturno, acqua di neve, ma non troppo, forse come non credevo: temevo una velatura maggiore...e invece...



Tento la prima sortita con un'esca artificiale per acque velate, basse e veloci. Inizia il duello con il fiume e le sue bizze.


La mia stoccata è fuori tiro di molto: acqua troppo veloce, e anche troppo profonda, devo spostarmi, o cambiare artificiale. Provo a guardarmi intorno. Qui sotto il livello dell'acqua è più basso, ma il lavoro della mia esca paga un dazio sulla velocità, francamente eccessiva. Rischio più volte di incagliare l'amo-esca tra i sassi.




Il frastuono dell'acqua invade la mia mente, il freddo penetra sotto la pelle delle mani, l'aria frizzante del primo mattino va su per le narici: troppe distrazioni. Il mio primo assalto finisce qui, con diversi lanci a vuoto su questo tratto, troppo veloce, ancorchè basso. Le trote, se ci sono, si muovono poco, per tenere al minimo il consumo di energia. Occorre stanarle entrando con l'esca fin dentro le buche dove trovano riparo e cibo.


Cambio tattica, e quindi esca: scelgo un artificiale meno vistoso, ma più pesante, con la campanella che produce ultrasuoni, e con una colorazione argento, più indicata per acque limpide.



Punto tutto su questo numero 1, un cucchiaino rotante color argento a pallini rossi, dotato di campanella. Basterà? Mi rispondo di no e scovo questo posto: osservatelo con attenzione nella foto sotto.



Oltre questi salici stecchiti dal freddo, in primo piano, si vede la sponda di un isolotto, c'è l'erba, la corrente su quel lato è meno minacciosa, e c'è una bella buca lì sotto. Una di quelle buche ad acque veloci dove possono insediarsi solo predatori di taglia, con capacità di presidio del territorio di caccia. Se ne impadroniscono scacciando gli intrusi, approfittando di tutto quanto la corrente trasporta di buono per la loro mensa. Lancio nella buca, e ritiro verso la corrente. Nulla si muove, insisto, cambio posizione ma di poco, avanzo in acqua, con la corrente sopra le ginocchia...Ad un tratto la canna si piega, il mulinello frinisce: il pesce è abboccato. Inzia un breve combattimento. Un minuto o poco più, sessanta secondi che sembrano sessanta ore, il guadino sotto la coda, alla fine eccola.


Ve la presento. Genere: Salmo, Superspecie: Trutta, Sottospecie: Fario. E' una trota femmina di 33 centimentri di lunghezza e 400 grammi di peso, sarà la mia cena. E' stata catturata alle 9:30 antimeridiane di oggi. Appartiene, probabilmente, ad una popolazione immessa, perchè presenta la pigmentazione di una trota nord europea, di ceppo Atlantico. Ma si è inselvatichita qui. Le potenti pinne, la caudale, la dorsale e le ventrali, ne testimoniano la presenza in acque libere da molto tempo, alcuni anni. Una lieve ferita sul capo è il tentativo, andato a vuoto, di un uccello acquatico di sottrarmi la preda. Il sole si sta alzando, e sto pescando con la luce alle spalle, devo guadare il fiume, per poter pescare controsole, ed evitare che la mia ombra possa spaventare altre prede.



Guado il Volturno e corro verso l'isolotto che mi ha regalato la prima trota dell'anno. Il fiume mi prende, vince ogni mia resistenza: ora la preda sono io.

Ecco l'argento del sole che bacia l'acqua appena increspata, alla fine del guado. Sono in caccia, da questo momento potrei anche smettere di pescare, ma avanzo lungo la sponda appena conquistata, è più forte di me.






Cerco ancora buche e buchette, più a valle, proprio lì, dove anche la scorsa stagione ne ho presa una...ma non diciamolo troppo in giro però!




Incontro un collega pescatore, viene da Benevento, decide che devo farmi fotografare... "su dai, posa fiera e piscatoria!"






Mi presento. Genere: Homo, Superspecie: Sapiens, Sottospecie: Trotaiolo del Volturno. Esemplare maschio, di 172 centimetri di altezza e 73 kg di peso. Livrea invernale, completa di cappello in cuoio, canna da pesca in spalla. Si è inselvatichito qui e vorrebbe pescare ancora, ma...il fiume dice che è arrivato il momento di smettere, almeno per oggi. Poco dopo aver scattato la foto sopra, eseguo una manovra fatta migliaia di volte, ma un ramo non si spezza, la lenza non cede e un amo, disincagliato contro ogni previsione dalla sponda di fronte, torna indietro fiondandosi nella pelle del pescatore: io allamato. Il consiglio dei colleghi pescatori testimoni della scena è unanime: "Per oggi hai finito di pescare, vai al Pronto Soccorso di Venafro, fatti togliere l'amo dal mento!" Da Capriati, in pochi minuti sono a Venafro. Ringrazio tutti i medici e gli infermieri: pronto soccorso da manuale, bravi. E non ho dovuto neppure spiegare come è fatto un amo. "Sa, ogni tanto qualche pescatore vien da noi a farsene togliere uno - mi spiegano. Operazione "pescatore slamato" riuscita in pochi secondi. Peccato che tra poco la Regione Molise chiuderà Ospedale e Pronto Soccorso a Venafro. In caso di incidente, se non avessi trovato questa struttura ancora aperta, sarei dovuto spingermi fino a Cassino, o ad Isernia. Un appello da qui, per quel che può servire: non chiudete il presidio ospedaliero dell'Alta Valle del Volturno! Qui le distanze pesano. Saluto, ringrazio, prometto che inserirò l'appello nel blog e vado via. Con mio fiume nel cuore.

Anche questa volta il Volturno mi ha dato la sua severa e amichevole lezione. Entusiasmo si, frenesia no. Una trota nel cestino e un pescatore al Pronto Soccorso. Duello finito in evidente parità. E poi: bisogna saper sceglier il momento in cui fermarsi o rallentare. Ho imparato a leggere l'acqua negli anni scorsi per imparare a pescare. E' iniziata la fase due: imparerò a leggere quel che mi accade sul fiume, per capirne e saperne di più: diventerò saggio? Chi lo sa, vedremo! Sabato prossimo quasi quasi, se il tempo regge...torno a pescare? E se si, dove? Vedremo!

sabato 14 febbraio 2009

Volturno, Oasi di Salicelle: evitiamo che diventi una discarica

Torno finalmente dal mio fiume, dopo settimane di piogge, e ondate di piena fino alla noia. Qui il fiume Volturno è sbarrato dalla traversa irrigua e idroelettrica di Ponte Annibale, tra Capua e Bellona. Oggi percorro la strada che porta dentro il grande invaso idroelettrico e irriguo da 8 milioni di metri cubi d’acqua, formato da questa diga.


Percorrendo la provinciale in tenimento del comune di Capua, e continuando sulla Statale Sannitica, imbocco una stradina vicinale. Ecco il primo cartello: divieto di caccia.




Questa è un'Oasi di protezione della fauna selvatica designata dalla Provincia di Caserta nel Piano Faunistico e Venatorio, si chiama Salicelle ed è una zona umida dove passano, vivono, nidificano, si riproducono e svernano oltre 130 specie d’uccelli acquatici.


Questo vasto territorio, ben 200 ettari, dovrebbe essere gestito dalla Lega italiana protezione uccelli di Caserta. Il condizionale è d’obbligo: come si fa a gestire un territorio così vasto e con tanti problemi non proprio piccoli?




Incontro Matteo Palmisani, presidente della Lipu di Caserta: binocolo, stivali, berretto. “Ci vorrebbero lavori di consolidamento della sponda, questa strada dovremmo chiuderla, e poi qui vengono sempre di notte a scaricare rifiuti – dice sconsolato. Alza le spalle, mi promette di tornare, mi consiglia un appostamento per fotografare i Moriglioni in volo, ma non tornerà in tempo per incontrarmi di nuovo. Poco male. Mi metto in giro con la macchina fotografica e mi sembra di tornare indietro di anni. Qui nulla è cambiato, e purtroppo non è solo una considerazione positiva.
C’è da chiedersi - tanto per cominciare - perché questo gelso, memoria vivente del lavoro delle antiche seterie borboniche di San Leucio, sia stato bruciato.



Posso capire l’erosione continua delle sponde, dovuta allo stato di perenne invasamento e alla furia delle acque del Volturno, ma questi sono rifiuti speciali.



E ancora: un principio d’incendio nel canneto in riva al fiume, con tutta la pioggia dei giorni scorsi, mi pare quantomeno inusuale. E quelle vecchie coperte militari, chi le ha lasciate?




Un vero peccato, perché qui il posto è veramente bellissimo, di uccelli se ne vedono pochi solo perché si sta facendo tardi, ma non perdetevi il panorama. Monte Tifata che domina il fiume Volturno invasato.



I canneti stecchiti dal freddo sono un rumoreggiare di richiami. Eppure trovo le tracce di un bivacco. Erano bracconieri o scaricavano rifiuti?



Rinvengo anche questa carcassa, una scrofa di maiale: hanno tentato di bruciarla con delle cassette di plastica, non mi capacito del perché sia ancora qui.



Questo luogo dovrebbe presto diventare il fiore all’occhiello e la porta d’ingresso del costituendo Parco Regionale della Media Valle del Volturno. Onestamente bisognerebbe iniziare a fare buona guardia a quel che c’è. Eppure in anni passati la Polizia Provinciale qui era di casa. Gli agenti si aggiravano da queste parti con tanto di mitragliette, e ora?



Rifiuti a go go nel cuore dell'Oasi di Salicelle, fiume Volturno, provincia di Caserta. Eppure qui ci sono 8 milioni di metri cubi d’acqua che nella prossima stagione estiva servirà per l’irrigazione dei comprensori di Mazzafarro e Parete, nel Basso Volturno, e al ritmo di 20 metri cubi al secondo: ma si scaricano rifiuti e s’incendiano.
Sono stati segnalati proprio qui anche casi di bracconaggio verso l’avifauna, non ho rinvenuto però bossoli di calibro 12, ma è pur vero che basta poco per fare pulizia in certi casi. Intanto un falco di palude osa su Salicelle.






L’Associazione Fiume Volturno Onlus, presieduta da Stefano Montone, segnala che in questo tratto di fiume la composizione della fauna ittica è gravemente alterata in favore di specie alloctone (Gambusie, Pesci gatto americani e Carassi) che si stanno rapidamente sostituendo alla fauna ittica locale: carpe, tinche, scardole, alborelle e cavedani.

Serve sicuramente un piano integrato per salvaguardare l’Oasi di Salicele: per il consolidamento delle sponde dell’invaso, ove necessario, con interventi d’ingegneria naturalistica, un ripopolamento adeguato per la fauna ittica, che sfrutti anche il vecchio progetto del Consorzio di Bonifica del Medio e Basso Volturno, che prevede la costruzione delle scale di monte per i pesci a valle della diga, in modo da permetterne la naturale migrazione. Ecco una sponda da rinsaldare.



E’ tempo d’opere pubbliche verdi, del resto. La più dura recessione economica degli ultimi decenni si vincerà iniziando anche da qui: dando ali a questo spicchio di natura che chiede solo di continuare a vivere. Salicelle è un marchio di qualità per questo circondario.

Qui intorno ci sono tra le più pregiate produzioni vinicole e olearie della provincia di Caserta: i vini dell’Indicazione geografica tipica Terre del Volturno, famosi il Casavecchia ed il Pallagrello, e l’olio extravergine d’oliva Colline Caiatine a Denominazione di origine protetta.

Tutti questi prodotti devono parte della loro unicità alle argille antiche di questa zona: in parte originate dal preistorico mare di Tetide ed in parte prodotte del lavoro millenario del fiume Volturno.


Dedico questo post a tutti coloro che si sono battuti negli anni per l’istituzione di quest’Oasi, e chiedo a tutti quelli che ritengono di poter fare qualcosa di scrivere in calce al post. Aiutiamo la Lipu di Caserta a mantenere questo presidio sul territorio, che può produrre occupazione, sviluppo ecocompatibile e turismo verde? Proviamoci!