Il Blog del Fiume Volturno

Blog dedicato a chi desidera contribuire alla salvaguardia ambientale del più grande fiume del Sud Italia

sabato 17 gennaio 2009

Volturno a Ponte Annibale: usi (buoni e cattivi) degli argini naturali

Il fiume Volturno è da poche ore ridisceso di livello, ieri sera era ancora decisamente in piena. Eccolo oggi intorno alle 13 visto da Ponte Annibale, tra Capua e Bellona, nel tratto finale della media valle. In fondo alla foto si intravede l'omonima traversa irrigua ed idroelettrica, posta a monte del ponte, gestita in condominio dal Consorzio di Bonifica Integrale del Medio e Basso Volturno e dall'Enel.



Questo tratto del fiume è caratterizzato dalla quasi totale assenza di argini artificiali, e dalla discesa del Volturno in bassa valle, mediante l'attraversamento di un canyon in tufo del Vesuvio, geologicamente importante, e noto come "le strette di Triflisco", eccole, sono a valle del ponte.

In una tale situazione è normale che l'uomo faccia uso delle stutture arginali e delle zone retroarginali per scopi produttivi.
Ecco un esempio di uso produttivo adeguato e pertinente dell'argine in terra e della zona retro arginale del fiume Volturno: un bel meleto, cultivar "annurca" si staglia tra la sponda, la riva e la strada, non visibile nella foto sotto, oltre la quale c'è il bosco di San Vito, lungo le pendici dei monti del Tifata.




Il meleto, oltre a produrre reddito per l'agricoltore che conduce il fondo, rende un servizio alla collettività: le radici degli alberi da frutto trattengono, e stabilmente, l'argine in terra sul quale sono stati piantati, evitano così che questo possa franare a valle, per effetto della corrivazione delle acque di pioggia, produce quindi un beneficio diretto all'ambiente. In più il meleto evita che in futuro debbano spendersi soldi pubblici per consolidare il versante. Ultima chicca: il meleto non è un meleto qualsiasi, ma di varietà "annurca", poco bisognoso di trattamenti chimici, al punto che queste mele possono considerarsi da produzione biologica, ancorchè non certificate come tali. L'agricoltore meriterebbe un premio: produce per se, commercia un prodotto agroalimentare di elevata qualità, non inquina, consolida l'argine e la zona retroarginale. E se il Volturno dovesse esondare in quel punto? I danni al meleto sarebbero contenuti e poco onerosi per la collettività, chiamata a risarcire con la dichiarazione di stato di calamità, e comunque facilmente riparabili. In compenso, durante il ritorno in alveo delle acque di piena, gli alberi da frutto consentirebbero di conservare intatto il versante arginale. Il frutteto si trova in riva idrografica sinistra, in tenimento del comune di Capua, tra il fiume Volturno e la strada provinciale Galatina.

Si varca Ponte Annibale, e si entra in comune di Bellona per vedere cosa c'è esattamente di fronte al bel meleto della sponda capuana.

Capannone industriale, o forse commerciale, è in costruzione da non meno di 12 anni, non ha mai prodotto reddito privato, ma solo costi, ovviamente, essendo ancora oggi in costruzione. Ecco un particolare assolutamente inequivoco.

Il manufatto è posto a circa una trentina di metri dalla linea oltre la quale si scende verso la riva idrografica destra del Volturno, ed è insediato in una zona che appare chiaramente sottoposta e a monte rispetto a Ponte Annibale, del quale si vede la ringhiera in foto. L'argine in terra è stato privato di qualsiasi forma di vegetazione arborea, in più è stato costruito un cordolo di cemento per delimitare l'area dello stabilimento dalla linea di accesso alla riva, cosa che sicuramente altera il naturale corrivamento delle acque di pioggia, e che in caso di esondazione finirebbe per favorire il ristagno dell'acqua di piena all'interno dello stabilimento, contribuendo all'innesco di fenomeni franosi in fase di deflusso. Non è dato sapere cosa produrrà o commercerà il manufatto, anche ammettendo che le sue produzioni non saranno inquinanti, di sicuro è destinato nel tempo a rappresentare un pericolo ed un costo per la collettività. L'argine in terra ha perso definitivamente la sua regolare funzionalità fluviale, il cordolo di cemento e l'impermeabilizzazione dell'argine, in futuro, alimenteranno fenomeni erosivi. A lungo andare, al fine di "difendere" la futura "fabbrica" si dovrà consolidare la sponda ed il versante, cosa che verosimilmente avverà con sistemi altamente impattivi per l'ecosistema: cemento armato. Del resto, se quel versante dovesse franare, Ponte Annibale rischierebbe di esserne coinvolto, e non si potrebbe non difendere un ponte. Inoltre, in caso di alluvione, i danni privati sarebbero enormi, e caricati tutti sul pubblico erario, grazie alle consuete dichiarazioni di stato di calamità naturale. Ad oggi, il fenomeno erosivo (costo per la collettività) è già silenziosamente in atto da molti anni, mentre i presunti benefici (incremento dell'occupazione e del reddito) sono ben lungi dall'essere stati realizzati.

Vi starete chiedendo: perchè preoccuparsi tanto della tenuta delle sponde e degli argini in terra in una zona che appare abbastanza alta sul fiume e di veloce decorso delle acque? Domanda pertinente: ecco il perchè in questa foto, sempre scattata da Ponte Annibale, con il teleobiettivo.


La diga è poco a monte del ponte, sarà un chilometro o poco più, e subito a valle l'alveo è totalmente impermeabilizzato e sopraelevato per oltre 60 metri in larghezza e per oltre 100 metri in lunghezza, prima di tornare al suo corso naturale. La capacità dell'invaso - posto a monte della diga - è pari a 8 milioni di metri cubi d'acqua, che diventanto molti di più per effetto delle piene. Anche le più oculate manovre sulle 3 paratoie della diga (una delle luci non è visibile perchè coperta dalla vegetazione spondale) non possono certo impedire che l'acqua passi di qui velocissima - perchè soggetta ad una strettoia rigida ed impermeabile - e con un elevato potere distruttivo. Ecco perchè, a valle di tali manufatti, la cura di ogni particolare rivolto alla corretta funzionalità fluviale di sottosponda, sponda e argini è importante.

Nota finale necessaria: il costruendo stabilimento in comune di Bellona, pur sfidando le leggi della logica, è perfettamente legale. Il perchè meriterebbe una lunga e noiosa lezione di diritto amministrativo e diritto penale, oltre a lagnose considerazioni sullo stato della "certezza del diritto" in Italia.

Non risulta per altro che il conduttore del meleto in comune di Capua abbia ricevuto alcun premio per il servizio di manutenione dell'argine e della zona retroarginale reso alla collettività in tanti anni di attività.

domenica 4 gennaio 2009

Prima piena dell'anno, prima piena senza lei

Oggi ho rivisto il Volturno a Capua, frettolosamente. Prima piena dell'anno: poco sotto i 5 metri sopra lo zero idrometrico di Ponte Romano: acqua veloce, color della creta, tempo rimesso al bello dopo le piogge intense dei giorni scorsi.
E' una piena di gennaio, ed è la prima piena del Volturno della mia vita senza mia madre. In questi giorni, tra i tantissimi ricordi che mi si sono affollati nella mente, non pochi legano la figura di mia madre, Rosa, al fiume.








Era ansiosa, non amava molto il fiume mia madre e soprattutto lo temeva. Ma mi ha dato buoni consigli per viverlo, e forse, senza volerlo, mi ha insegnato ad amarlo. Fece di tutto per dissuadermi dal frequentarlo, quasi fosse una brutta compagnia, invece comprai la mia prima canna da pesca. "Ci devi andare sempre accompagnato, mai da solo!" E provò a mandarmi a fiume con mio padre. Non funzionò. Papà col fiume non ha mai legato, si annoiava, di nodi sulla lenza non ne voleva sapere, capii presto che avrei fatto di testa mia. A 12 anni iniziai a pescare di nascosto: cosa c'era di meglio del fare una cosa proibita? A 16 anni, visto che proprio insistevo, arrivò la firma di mio padre per la mia prima licenza di pesca. Mia madre da quel momento non ha mai smesso di consigliarmi:"Attento, stai sempre molto attento a dove metti i piedi!" Consiglio solo apparentemente banale, le sponde del Volturno soffrono di fenomeni di collasso, dovuti alla fusione di sabbie, che sotto un'apparenza di stabilità, sono consumate dal lavoro sotterraneo dell'acqua. Prima di mettere un piede, specie se non c'è vegetazione intorno, meglio allungare un bastone o il calcio della canna, giusto per sondare sotto quanto sia solido.



Altro consiglio immancabile:"Tieniti sempre sotto gli alberi". Una sorta di norma di sicurezza vera e propria per il lavoro di sponda: se la riva è a picco, dove ci sono salici e ontani si è più sicuri. In più di un'occasione mi sono rialzato dalle acque del fiume giocando di braccia con quegli archi flessibili e generosi che sono i rami dei salici. E ho sicuramente evitato di beccarmi qualche brutta insolazione d'estate, potendo godere della loro ombra.
Allo scoperto ho frequentato solo ghiareti e spiagge ben solide, mai versanti a picco o in frana privi di vegetazione arborea.

Altre raccomandazioni:"Se piove o vedi che fa buio, lascia perdere, chiudi tutto e torna a casa". Ho sempre fatto così, al punto che non sono mai stato un pescatore di anguille, che tipicamente si adescano dopo il tramonto. E raramente mi sono bagnato sotto la pioggia per continuare a pescare.
Tutti questi consigli erano il distillato di quanto mia madre sapeva del fiume, e lo aveva appreso sicuramente in famiglia. A casa sua, nonno Guglielmo, papà di mamma Rosa, aveva un gran da fare a rimproverare il fratello Michele, mio prozio, che puntualmente tornava a notte fonda dalla pesca all'anguilla. Pare che mio nonno non fosse molto d'accordo con suo fratello, per questa passione piscatoria coltivata al buio, e lungo sponde che potevano essere molto pericolose. Nonno Guglielmo e zio Michele non li ho mai conosciuti di persona, ma tramite mamma la loro esperienza del fiume è giunta sino a me.
Quando tornavo dal fiume senza aver beccato nulla, ma con il racconto di qualche tocca, mamma mi guardava sconsolata e divertita dicendo:"Sembri proprio zio Michele..."


Racconto questa storia familiare per due motivi. Intanto, è dedicata a tutte le madri preoccupate di giovani e giovanissimi che tra qualche settimana ricominceranno ad oliare i mulinelli e a preparare le lenze delle proprie canne da pesca. Inoltre, è la dimostrazione che un fiume lega sul suo proprio territorio più generazioni di uomini, mediante l'esperienza trasmessa, ieri oralmente, oggi con l'aiuto della rete...